Skip to content


Questo otto marzo

Questo (otto) marzo 2011 è, mi sembra, del tutto speciale.

Molte donne (e molti uomini) dicono che non c’è proprio nulla da festeggiare, anzi… Molte altre donne (e
molti uomini), d’altra parte, vogliono farne un momento particolarmente importante,
diverso, più ricco della rituale celebrazione di questa ‘giornata particolare ‘, dalla storia
un po’ vaga e confusa per molte/i di noi, come è proprio di tutti i miti (1).

Forse una radice della divergenza tra favorevoli e contrari si trova proprio nelle
parole da usare per l’8 marzo, che non è la ‘festa della donna ’, di americane risonanze
(vedi ‘festa della mamma ’ o del papà), ma la giornata internazionale delle donne, che
ha sempre avuto una connotazione fortemente politica e universale. ‘Festa’ e
‘festeggiare’, suonano scioccamente gioiosi. ‘Celebrare’ sarebbe più esatto, ma ha un
suono burocratico e pomposo, e non restituisce affatto la voglia di levità, di gioco, che di
solito accompagna – da tempi immemorabili – i rituali delle donne. La stessa forza e
gentilezza che riconosciamo nella mimosa voluta da Teresa Mattei, Rita Montagnana e
Teresa Noce, tre delle 21 donne della Costituente. Ho letto una lettera di donne
sull’argomento, che comincia: “Basta con fiorellini e regalini…”: dunque si devono essere
formati vuoti di memoria nefasti, in questa ondata di melma sciagurata che ci è venuta
addosso: non ricordiamo più gli abiti colorati, le figure di danza, i volti dipinti delle
femministe mentre rivendicavano parità di diritti, lavoro, libertà di decisione autonoma su
questioni gravi, serissime, come aborto, divorzio, educazione dei figli?
Ma torniamo a questo otto marzo 2011, che io credo sia da celebrare e da
ricordare, nonostante tutto, per almeno due o tre ragioni importanti. La prima: questo è
un 8 marzo speciale perché si salda con un’altra ‘giornata particolare ’ recentissima: il
13 febbraio.. una giornata in cui il suono della voce delle donne si è sentito di nuovo,
forte – e si sentirà ancora l’otto marzo e oltre – nelle piazze di tante città italiane.
A Pisa il 13 febbraio eravamo davvero in tante: donne che da anni sembravano
aver dimenticato, sotterrato le rivendicazioni femministe, la voglia di uscire in piazza a
chiedere di veder rispettati i diritti di pari dignità e pari opportunità nel lavoro retribuito,
nella vita domestica / privata, nella vita sociale e civile; e il diritto alla sicurezza del corpo
e alla autodeterminazione, il diritto di essere riconosciute soggetti agenti, ‘capaci ‘,
titolari di autonomia e responsabilità e non – sempre – minori e oggetti passivi del
desiderio altrui. In tempi brevissimi, per passaparola e con l’aiuto di e-mail, social
networks e cellulari, si è formato un Comitato donne _13 febbraio, vi hanno partecipato e
lavorato donne di tutte le età e di varie appartenenze, politiche, associative o
semplicemente cittadine, italiane e straniere.

Uno slogan scritto da una nostra amica e ripetuto alla manifestazione del 13
febbraio è piaciuto molto “non stavamo dormendo, stavamo riflettendo”. Lo slogan
chiaramente rimandava al passato ‘eroico’ del femminismo, anche nel tono, ma le
giovani lo hanno ripetuto forte, con gioia. Ed ecco un’altra cosa da ‘festeggiare’: la
presenza , la visibilità delle donne giovani, che credevamo distanti, concentrate – e con
ragione – sul futuro che forse non c’è e che comunque non si vede, o magari anche
ostili, chiuse alla politica – quasi un po’ solipsiste. Ci eravamo chieste spesso, noi, la
generazione delle loro madri e nonne, come raggiungerle, come passare il testimone: ce
le siamo invece ri-trovate vicine, solidali, senza muri anagrafici, re-attive e preparate a
prendere parola, a farsi ascoltare.

E con loro, con noi, abbiamo visto i molti uomini che ci accompagnano e
condividono parole e istanze. Non è poco, mi pare: dallo spirito nuovo del tempo delle
donne sembra sparita l’esclusione dei maschi. Si va affermando, sia pure in ritardo e
lentamente, l’idea che lo sfacelo presente, la violenza diffusa che ha per oggetto
privilegiato le donne non è una ‘questione di donne’, è anzi – come diciamo in tante e
tanti – fondamentalmente una questione maschile di cui gli uomini devono farsi carico:
boccone amaro da trangugiare per un sistema pervicacemente sessista, per questo
patriarcato attardato, retrivo, la cui attività principale in questa sfera della vita sembra
essere da sempre una rimozione perpetua, totale, uno strabismo contrario a ogni
logica, a ogni onestà intellettuale, di fronte ai fondamenti della relazione tra le persone,
relazione che è stata sempre e rimane il cuore del pensiero delle donne.

Credo che dobbiamo accogliere come amici ritrovati gli uomini dei gruppi di
riflessione maschile, e quelli che da sempre si sentono dalla nostra parte, che sentono
l’offesa alle donne come umiliazione e vergogna per loro stessi. Per questa ragione, mi
piace citare una voce maschile sulla giornata del 13 febbraio. Scrive Stefano Rodotà:
“Le donne che l’hanno promossa, le donne che con il loro sapere ne hanno
accompagnato la preparazione senza rimanere prigioniere di alcuni stereotipi della
stessa cultura femminista, hanno colto lo spirito del tempo, dimostrando quanta
fecondità vi sia ancora in quella cultura, dove l’intreccio tra libertà, dignità, relazione è
capace di generare opportunità non alla portata della tradizionale cultura politica. È qui
la radice dello straordinario successo di domenica, della consapevolezza d’essere di
fronte ad una opportunità che non poteva essere perduta e che ha spinto tanti uomini ad
essere presenti e tante donne a non cedere alla tentazione di rifiutarli.”(2)
Certo, sarebbe bello, bellissimo, se non ci fosse bisogno di festeggiare la voce
ritrovata, la voglia delle donne di quattro generazioni di reagire finalmente, con forza, al
clima di offesa continuata e di squallore morale e intellettuale, e soprattutto alla
continua violazione dei diritti fondamentali, affermati anche dalla nostra Costituzione.
Ma visto che questa è la realtà, intanto celebriamo l’8 marzo; e poi il 17 per
riaffermare il valore dell’appartenenza a un unico paese – che amiamo, e che vogliamo
insieme migliorare, rendere un paese per donne. Dove andremo dopo?
Noi dell’Associazione Casa della donna abbiamo intitolato il nostro programma
“Disseminiamo l’otto marzo: una città cento piazze”…

Virginia Del Re

(1) per la vera storia dell’8 marzo, vedi: Alessandra Gissi, 8 marzo-la giornata internazionale delle donne,
Viella Ed., Roma 2010

(2)Stefano Rodotà, La bandiera della dignità, da La Repubblica, 15 febbraio 2011

Posted in 8 marzo, primo piano.