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Pensieri di pace durante un’incursione aerea

L’intervento di Emma Baeri, “femminista storica e storica femminista”, tra le fondatrici della Società Italiana delle Storiche

da Pisanotizie

Le fresie generose sono fiorite sul mio terrazzo e due boccioli di calle promettono corolle purissime; la radio dice che tra oggi e domani la nube tossica transiterà per l’Europa: dovrò fare incetta di lattuga, incontaminata ancora per poco (naturalmente, niente paura, nessun danno per la salute, ha detto il sapientissimo ministro); la radio dice che Gheddafi è andato in tv irridendo ( immagino anche ridendo) le “potenze” alleate: come dargli torto? Per quel poco di sangue arabo-siculo che potrebbe scorrere nelle mie vene e per quel tanto di cultura meticcia che certamente scorre nel mio cervello-cuore, anch’io rido, e sono smarrita.

Mai come in questa circostanza la stupidità criminale del patriarcato miliardario dell’Occidente mi appare nella sua insopportabile crudeltà, eppure sembra che la stiamo sopportando. Mi tormento da giorni sulla mia responsabilità civile e politica di femminista storica, di storica femminista indisciplinata, di compagna di compagni, di amica sincera di poche e pochi e, perchè no, di madre di due figlie e nonna di tre piccoli nipoti: che dire? Che fare?

“Fabbricare felicità”, mi risponde Virginia Woolf dal 1940. Ho riletto Pensieri di pace durante un’ incursione aerea, e ne raccomando una lettura condivisa in scuole, associazioni, gruppi, partiti, università, riunioni di condominio: la sua attualità non è ancora per noi europei – fino a quando? – ma molti “altri” sono già sotto le bombe.

Rileggo a saltare: “Facciamo tutto il possibile per creare il solo rifugio antiaereo efficace… Lassù in cielo combattono giovani inglesi contro giovani tedeschi. I difensori sono uomini, gli attaccanti sono uomini….Alla donna inglese non vengono consegnate armi… ma c’è un altro modo di lottare senza armi per la libertà. Possiamo lottare con la mente; fabbricare delle idee…Poiché ci sono altri tavoli, oltre ai tavoli dei militari e delle conferenze. Potrebbe darsi che se noi rinunciamo al pensiero privato, al tavolo del tè, perché esso ci sembra inutile, stiamo privando quel giovane inglese di un’arma che potrebbe essergli utile…Non è vero che siamo liberi. Questa sera siamo tutti e due prigionieri….Pertanto, pensiamo per lui. Cerchiamo di fare conscio l”inconscio hitlerismo che ci opprime. E’ il desiderio di aggressione; il desiderio di dominare e di rendere schiavi…. Donne incipriate; donne travestite; donne dalle labbra rosse e dalle unghie rosse. Sono schiave che cercano di rendere schiavi gli altri. Se potessimo liberarci dalla schiavitù, avremo liberato gli uomini dalla tirannia. Gli Hitler sono generati dagli schiavi….Cade una bomba….Dobbiamo creare attività più onorevoli per coloro i quali cercano di dominare in se stessi l’istinto combattivo, l’inconscio hitlerismo. Dobbiamo compensare l’uomo per la perdita delle sue armi…Dobbiamo fabbricare felicità.”.

Come, Virginia cara? Guardare il tavolo delle trattative dal punto di vista del tavolo da tè può essere un modo, perché solo guardando con tenerezza e libertà gli spazi “dentro” si coglie appieno l’orrore degli spazi “fuori”; orrore che prima ancora della guerra guerreggiata è dei “tavoli di pace” che ne decidono l’urgenza irrinunciabile. Quanti tavoli da tè sono stati bombardati in questi giorni in Libia? E altrove? Quanti corpi sono stati dilaniati, quanti nipoti?

Pensare “alla fimminina”: così viene detto in lingua sicula – non senza un filo di sufficienza da parte degli uomini – quel modo di fare e di pensare delle donne improntato al buon senso che risolve per vie sagge e brevi questioni complesse altrimenti irrisolvibili: una risorsa delle donne, secolare, molto prima del femminismo. Ecco, di fronte a questa guerra, che mette in scena bambini adulti maleducati e stizzosi che “giocano alla guerra” sul serio e ne uccidono altri inermi, di fronte a pretesi governanti democratici che decidono di lanciare bombe e missili dall’alto dei cieli senza nemmeno immaginare i corpi e i luoghi straziati in terra, penso che, forse un alleanza internazionale che avesse pensato “alla fimminina” avrebbe trovato altri modi per governare il conflitto.

Insomma basta con queste “cose da uomini”, non ne posso più di vedere tutti questi re nudi che danzano oscenamente sulla scena politica! Mi viene da dire, “mettetevi una maglia di lana e tornatevene a casa”. Ma non servirebbe.

Che fare quindi? Come fabbricare felicità? Per parte mia, ci sto provando così: scelgo di leggere libri che mi aiutano a capirmi e insieme a capire, sto frequentando un piccolo gruppo di donne, le Voltapagina, nato a Catania dopo il 13 febbraio, donne antiche e nuove che hanno riscoperto il valore politico di una comunicazione libera e piena di idee, una soglia di resistenza da lustrare ogni sabato pomeriggio (il giorno del nostro incontro); vado alle manifestazioni nelle quali posso condividere con i compagni di strada sdegno e speranza civili; penso alle figlie lontane e ai nipoti, registro un tuffo al cuore ma non mi dispero per questo; gratto la pancia ai miei sette gatti, godo delle loro fusa grate, delle fresie sbocciate, e trepido per le due calle, che sbocceranno a breve, se questa mia primavera resiste.

Emma Baeri

Posted in pensieri sparsi, primo piano.