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Se non ora quando? Se non noi, chi?

Un intervento di Paola Bora, in merito alle giornate del 9 e 10 Luglio a Siena.
Buona Lettura!!

snoq

Se non ora quando? Foto di Francesca Talozzi

E’ la seconda volta che l’invito promosso da donne – a manifestare il 13 febbraio e a discutere
il 9 e il 10 luglio a Siena – è stato raccolto al di là di ogni aspettativa. Le ragioni di una risposta
così grande sono molto diverse tra di loro, ma c’è ne una che le accomuna: il desiderio e la
necessità avvertiti da donne (e uomini )che un nuovo movimento delle donne occupi la scena
pubblica, per cambiare il paese: perché la crisi della politica e dei partiti è anche la crisi di una
classe dirigente maschile.

Le donne non hanno mai taciuto in questi anni e non hanno mai
smesso di fare; non si tratta di questo. Ma è nuovo (o è tornato) il desiderio e il bisogno di
collegare le tante voci delle donne diverse per generazione, esperienza, culture, i tanti
femminismi. Questo desiderio e questa necessità non possono che realizzarsi attraverso un
patto tra donne diverse su obiettivi condivisi.

Da Pisa per Siena siamo partite in tante, tante
davvero: una presenza forte e motivata di quel Comitato donne 13 febbraio, formatosi per
organizzare la manifestazione: donne delle associazioni, del sindacato, delle istituzioni, della
scuola, studentesse, precarie, donne. Siamo andate per incontrarci con tutte le altre, per
conoscere le varie realtà territoriali e per portare la nostra voce.

Il comitato di Pisa, radicato in associazioni storiche (casa della donna, aied, cgil) ha avuto la fortuna di nascere fin dall’inizio anche dall’incontro con giovani studentesse e precarie cresciute nelle lotte universitarie di
questi anni e ha subito cercato un legame strategico con le organizzazioni delle donne
migranti: un momento indimenticabile dell’otto marzo di quest’anno,(quando prese da furia
irrefrenabile, abbiamo deciso di schizzare da una piazza all’altra di pisa dalle 8 di mattina al
mezzanotte, alternando temi, presenze e corpi) è stato il presidio alle 18 alla stazione: luogo di
transito e di confine si è popolato di corpi di donne migranti che con i loro colori , le loro
voci, le loro canzoni hanno disegnato una mappa possibile di diritti e cittadinanza.

Sono fondamentali i nessi precarietà/lavoro/maternità, nonché la critica della rappresentazione
delle donne al centro della due giorni senese. Dovremo fare del lavoro l’obiettivo centrale e
qualificante andando oltre quella soglia a cui il femminismo si è fermato: quale lavoro? quale
organizzazione e ritmo di lavoro , se a pensarlo sono menti e corpi di donne? la sfida è
riuscire a non subire l’orizzonte della crisi e a immettere desideri e relazioni nella costruzione
di una piattaforma generale per il lavoro per tutte : per le disoccupate, per le precarie, per
occupate che non solo non vogliono perdere il posto di lavoro, ma aspirano a un lavoro di
qualità e di responsabilità, per le donne migranti, che come ci dice il rapporto del centro studi
della Confederazione nazionale dell’artigianato intitolato “L’imprenditoria straniera
in Italia nel 2010 in cifre”, non sono “solo” colf e badanti, le donne immigrate in Italia, ma
anche imprenditrici, prevalentemente nel commercio e nei servizi.

Quanto alla maternità, l’aver cancellato la legge 188/2007 del precedente governo che impediva le dimissioni in
bianco firmate al momento dell’assunzione (da utilizzarsi in caso di gravidanza) è certamente
uno degli atti più odiosi di questo governo che di atti odiosi ne ha fatti più di quanti ne abbia
pensati: è urgente un’azione forte e congiunta di movimento, sindacale e parlamentare perché
si ripristini subito la norma la cui abolizione ha già prodotto , in poco tempo, 800.000
“licenziamenti silenziosi”. Ma quando parliamo di maternità lo scenario che ci si apre davanti
è, inevitabilmente, quello di una maternità autodeterminata consapevole in un contesto di
relazioni affettive e parentali che non è necessariamente più quello della famiglia tradizionale.
Al di là delle discussioni teoriche e politiche che hanno caratterizzato l’infelice stagione dei
DICO, già da molto tempo, intorno a noi, in tutto il mondo, esistono e convivono diversi tipi
di famiglie : ci sono famiglie monogenitore, famiglie adottive, famiglie affidatarie, famiglie
omogenitoriali. famiglie cosiddette “allargate”, famiglie ricostituite da precedenti unioni. I figli
di queste famiglie nel frattempo sono cresciuti e se qualcuno di essi ha avuto dei problemi
sono problemi simili a quelli di molti altri figli. Come recita il titolo di un libro di Elisabeth
Badinter La famille est en desordre, ma si può dire che dal disordine , dalla crisi di
quella famiglia si possono scorgere le linee di una nuova antropologia della parentela? Di
diversi e differenti modi di vivere sessualità, amore, relazioni affettive, genitorialità che non
portano il marchio dell’aberrazione? Allora quando diciamo diritto alla maternità, vogliamo
includere anche diritti riconosciuti per le coppie gay e lesbiche e accesso effettivo ai mezzi per
la procreazione assistita.


Sulla critica della rappresentazione femminile nei media quello che ci sentiamo di
sottolineare è che, più che l’immagine in sé offensiva – che pure può esserci- il terreno che ci
pare decisivo è il fatto che il genere è integralmente costruito a livello culturale e
rappresentativo e così le relazioni di genere e quindi non si tratta tanto di offrire “nuove
immagini” all’interno degli stessi codici rappresentativi ma da un lato di decodificare,
dall’altro di creare autonomamente.
Infine, un flash : per due giorni a Siena duemila donne hanno ascoltato, parlato fatto
proposte. Duemila donne che vengono da tutta Italia sono un movimento. Ebbene io sono
convinta che ci sarà una questione che nei prossimi mesi questo movimento si troverà ad
affrontare, e se l’affronterà, anziché “evitare di allargare troppo la piattaforma”
sicuramente crescerà: e la questione è se includere nell’agenda delle donne la questione del
beni comuni. Io penso che si debba includere.
Noi comitato di Pisa abbiamo anticipato l’indicazione venuta ieri dal palco a connettersi in
rete in maniera inclusiva e autonoma e nel nostro intervento abbiamo lanciato la proposta di
un coordinamento dei comitati toscani e delle associazioni che vi fanno riferimento , da
tenersi a settembre, per costituire una rete permanente a livello regionale che sappia
elaborare proposte e iniziative sul territorio.

Proposte che riguardino la nostra vita, per esempio, quale città vogliamo?
Se non ora quando? Se non noi chi?

Paola Bora

Posted in primo piano.


One Response

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  1. Monica says

    bell’intervento!