Pubblichiamo a seguito una serie di report che riguardano la giornata di domenica, per formarci un’opinione in merito, per chi non c’era e non ha potuto seguire i lavori assembleari.
Buona lettura!
REPORT PISA
Care tutte, vi inoltro un report parziale, ma il più possibile completo per quella che è stata la giornata di Domenica u.s. (2 ottobre 2011) a Roma, Assemblea nazionale di snoq, presso la Casa Internazionale delle Donne.
In assemblea erano presenti 100-120 donne che si rifacevano a diversi comitati territoriali, una trentina in tutto, più alcuni contributi scritti di comitati che nella ristrettezza dei tempi non erano riusciti a coordinarsi. Oltre ai comitati c’erano altre associazioni e realtà nazionali, l’UDI, la Casa internazionale delle Donne di Roma e di Torino, Arcilesbica, solo per citarne alcune.
La convocazione, fatta secondo me con una tempistica ristretta per garantire una larga partecipazione, nasceva dall’esigenza di una riflessione locale su tematiche di largo respiro, probabilmente l’intento è arrivato in maniera poco chiara perché la percezione generale era che ogni comitato parlasse più che altro della sua esperienza locale, più che sentirsi sollecitato sulla definizione di un piano di lavoro comune.
Nonostante questo molti interventi sono stati interessanti. Il lavoro sul piano locale si sta articolando in modo diverso sui vari territori, con esigenze che nascono dalla conformazione sociale e dalle esigenze dei territori stessi: sono diverse tra loro, ad esempio, le esigenze di un territorio come Bolzano, rispetto a quello di Torino. In comune però ci sono esigenze trasversali che sono emerse diffusamente. Alcune buone idee locali se trovano una rete diffusa nazionale potrebbero essere promettenti.
Il comitato promotore nella persona di Serena Sapegno ha aperto i lavori assembleari sollecitando negli interventi la risposta su due punti chiave dell’assemblea e cioè la costruzione di una piattaforma nazionale e di una giornata di mobilitazione. Centrale per il comitato promotore l’idea di governance del Paese e di uscita dalla crisi, anche se carente di un modello.
I comitati territoriali hanno risposto in merito -spesso anche divagando- in più interventi sulla tematica del welfare e delle politiche di genere.
Molto sentita la questione della rappresentanza 50:50 anche se declinata in modi differenti dai vari comitati: ho trovato positivo che sia emersa più volte la necessità che la rappresentanza sia una rappresentanza di genere e non una rappresentanza qualsivoglia.
Molti comitati però vedono nel 50:50 un rilevante passo avanti e non credo che pongano la centralità di una discussione su come oltre che su chi, cosa che trovo essere un limite.
Sul welfare non c’è un piano comune, mi sembra molto forte lo slancio europeista ma allo stesso tempo la necessità di politiche sociali, il che secondo me è una contraddizione, perché se ci si vota alla responsabilità nazionale (delle donne nei confronti della nazione, come riportato da Comencini, cosa che non mi è piaciuta molto, perché come hanno detto altre compagne noi dobbiamo essere responsabili prima di tutto verso noi stesse e verso le altre donne) è difficile riuscire anche applicare politiche sociali. O si ripiana il debito nei confronti della BCE (e le politiche sociali saltano) o si pensa ad un modello di sviluppo alternativo (sollecitato mi pare da Treviso, Udine, Prato, Pisa e ripreso in parte nella contestazione delle lettere di Trichet e Draghi da Nicoletta Dentico, del comitato promotore). secondo me c’è un margine di lavoro, ma credo che sia anche un punto dolente perché su altre tematiche il movimento snoq può essere più omogeneo, qui il rischio di frattura ideologica non è piccolo.
L’europeismo è un tema ricorrente è forte la preoccupazione di uscire dall’Europa. Se questo su un discorso di diritti civili è penoso (alcune dicevano: in Europa ci sono leggi valide. Perché non prendere per ogni materia la legge migliore che c’è ed applicarla in tutta la UE?), non tutte però colgono la discrepanza tra necessità di politiche sociali su centri antiviolenza, consultori, maternità, pensioni e la realtà materiale che una politica di austerity non garantirà mai fondi necessari ad intraprenderle.
Non è emerso chiaramente quali possano essere le misure per uscire dalla crisi, ma credo che su queste proposte dovranno lavorare nei prossimi mesi i singoli comitati e far convergere tutto in una agenda. Alcune hanno parlato anche di decrescita felice e rifiuto delle logiche di mercato (Udine, Prato) e di buone pratiche dei social forum, interventi che ho visto come una possibilità di oensiero di sviluppo altro.
Molte hanno ribadito l’importanza dell’essere trasversali. Alcuni interventi però sono stati molto chiari (Titti Di Salvo, Comitato di Pisa) sulla necessità di una trasversalità che non sia acritica ma porti contenuti netti e senza sconti o mediazioni a cui aderire in una trasversalità (questa sì) di soggetti. Anche perché alcune tematiche non sono necessariamente trasverasli ed aggregatrici, ma non possono essere comunque sottoposte a mediazione in una piattaforma dai contenuti femministi.
Si è parlato parecchio di maternità (con la proposta iniziale di sostenere la maternità con la fiscalità generale), ma si è parlato anche molto (bene!) di 194 e consultori pubblici. In questo senso l’intervento di Torino è stato molto incisivo perché ha analizzato ed invitato a non sottovalutare -nell’illusione che sia solo una cosa territoriale- il ben più ampio disegno globale che viene fatto sul corpo delle donne con le varie leggi regionali e che di fatto mettono a repentaglio la sopravvivenza della 194 (si riferiva alla legge Tarzia, ai provvedimenti di Formigoni- Ferrero e Cota e allo smantellamento progressivo della rete dei centri antiviolenza, con i tagli ai finanziamenti e la non applicazione di leggi importanti in materia di violenza di genere per mancanza di fondi).
La proposta concreta è quella di fare tavoli di lavoro in materia e poi mettere in circolo i saperi con una forte rete nazionale che sappia reagire e proporre, facendo iniziative coordinate.
Alcuni interventi si sono focalizzati sulla PMA, ribadendo la necessità di introdurre una regolamentazione diversa da quella attuale.
Arcilesbica nazionale (Cristina Gramolini) è intervenuta con un intervento applauditissimo sulla necessità di introdurre nella piattaforma un punto sulle unioni civili. A quanto pare nonostante la centralità di figure come mogli madri e nonne, c’è apertura.
L’UDI è intervenuta sollecitando il lavoro dell’assemblea sulla tematica del corpo, tendendo conto che il primo punto da mettere in agenda è che abbiamo un corpo comune e declinare questa corporeità su tutte le tematiche e spendendosi inoltre nel discorso che è necessario che le giovani si prendano lo spazio che si meritano, mentre le donne più anziane riflettano su quale ruolo politico avere.
In chiusura i tre interventi di Nicoletta Dentico, Casa internazionale delle Donne, Cristina Comencini che hanno fatto una sorta di sintesi.
Nicoletta Dentico ha sottolineato come ci siano diverse modalità ma spunti comuni, e come sarebbe opportuno elaborare una piattaforma in tempi brevi e lavorare sulla presentazione di un documento comune che ruoti intorno a tre-cinque punti prioritari.
La Casa è intervenuta dicendo che per una serie di ragioni diversi rivoli di vari femminismi pre-esistenti e di soggetti nuovi al movimenti hanno aderito alle mobilitazioni proposte e come sia responsabilità comune quella di mantenere il fiume che si è creato, partendo da una protesta ed elaborando una proposta.
Ha portato poi l’esperienza positiva di “Choisir” e de* Indignados spagnol*, con le nuove pratiche, la costruzione di piattaforme e la ricerca di nuovi linguaggi.
Cristina Comencini ha infine concluso dicendo che si rimandava ogni comitato alla elaborazione per tavoli degli spunti proposti da Bologna con il suo comitato in giornata (agenda che si esprima su lavoro- precariato- disoccupazione- welfare tenendo conto del ruolo centrale della donna con il suo corpo nell’analisi e ricordando che il 15 ottobre a Bologna ci sarà una anteprima del congresso su lavoro-non lavoro e welfare proposta e gestita dalle giovani donne dell’Udi) e alla partecipazione a questa giornata. La sintesi di Comencini a mio avviso è stata poco inclusiva, perché non ha tenuto conto adeguatamente degli interventi assembleari aggiuntivi rispetti a quelli che erano già stati sollecitati.
RIFLESSIONI A LATO
Nel complesso vedo, soprattutto sulle varie reti che potrebbero nascere in merito a diverse tematiche, una grande possibilità di condivisione di saperi, metodi e strumenti per il raggiungimento di obiettivi, resta da capire quale sarà la forma, perché secondo me le pratiche sono parte del contenuto e non secondarie e soprattutto sulle possibilità di uscire dalla crisi penso che ci possa essere una forte frattura ideologica.
Non è peraltro chiara la forma di snoq a livello nazionale e locale, alcune parlavano di trovare una forma più definita e della richiesta di finanziamenti (europei) per portare avanti il lavoro.
Non riesco quindi a capire se questo sia un movimento (e se sì, come farlo funzionare. Credo comunque che risposte saranno date sulla base dei documenti prodotti) o se stia prendendo una forma più strutturata (anche perché non c’è stata poi un’espressione collettiva in merito a questi ipotetici fondi), se eventuali finanziamenti sono da considerarsi legati invece a singoli progetti di portata locale e nazionale (il che secondo me avrebbe molto più senso) e a seconda della forma che prenderà ci saranno nuovi interrogativi, sulla modalità di gestione del tutto, incluso il comitato promotore che -nel caso di una forma più strutturata- sarà auspicabilmente eletto.
Penso che questo sia un nodo non da poco, anche per capire quale possa essere la portata di snoq e le aree di intervento.
Con luci e ombre, vi abbraccio.
Carlotta