Questo non è un post.
Ho provato a mettere giù quello che penso e poi non ci riesco mai, mi resta una descrizione di luoghi e di persone (bellissim*) e non è quello che voglio tenere, perché al di là delle forme, dell’aska -che era diverso da come me lo immaginavo, perché sembrava più una casa che un capannone, una grossa casa intricata e labirintica, a sentirti Alice mentre la giri, delle sale una due e tre e delle griglie di programma, che poi cambiavano un po’ e ti trovavi a seguire un workshop diverso da quello che immaginavi (e magari anche più interessante)- e delle persone stupende -che ti sorprendono per come abbiano reso possibile, senza protagonismi e con una collaborazione e un’attenzione continua, che ti faceva sentire non soltanto accolta, ma anche visibile e importante , invogliandoti a partecipare-, non è una descrizione per immagini ma per sensazioni quella che voglio tenere.
Il feminist blog camp è stata una bella esperienza, ricca.
Mi viene difficile articolare un unico pensiero compiuto, perché ci sono tanti pensieri che si accalcano, come lucine accese e ci metterò forse un po’ a decodificare tutto e arrivare ad una mia sintesi politica.
La prima impressione di cui riesco a parlare è il senso di accoglienza, di rete, di casa.
Di stare in un posto dove si stava bene, in cui c’era spazio per un io, un tu e un noi.
Credo che in questo il fem blog camp abbia lasciato un segno, una striscia di colore come dai pennarelli di Nina, che te la porti addosso dopo che torni.
Ho capito per la prima volta senza mediazioni di pensiero quanto sia vero che il personale è politico, in un modo intuitivo e forse per questo più profondo.
L’Askatasuna ha raccolto una serie di esperienze e di vissuti distanti, ma con una base comune di attenzione per l’altr* e dialettica con la diversità, uno spazio liberato e libero in cui è facile confrontarsi, anche senza dover ricorrere alla narrazione verbale, perché i percorsi fatti sono stati interiorizzati a tal punto che si può arrivare ad esprimerli semplicemente mettendoli in atto.
E’ strano e bello passare da un piano analitico teorico ad un piano molto più spontaneo, di gesti che si ritrovano nel fare e nel prendersi cura di quello che è bene comune, perché è spazio comune, di tutt*, da curare e in cui mettere parte di sé.
Uno spazio che occupiamo con i nostri corpi, che si accolgono e si conoscono, che si abbracciano, si mescolano, che condividono nelle lotte anche una presenza fisica e che veicolano con quella presenza la loro politica: corpi che parlano, che si scambiano qualcosa anche nel semplice gesto di disegnarti in faccia una mascherina rossa.
Per me il fem blog camp è stato questo, un’esperienza politica intensa e molto fisica (che emozione vedere il viso di donne e uomini che per me erano un nick letto e amato), insieme alla voglia di condividere e di scoprire i propri saperi.
Una narrazione altra, dove è possibile accogliere tutt* e dove è politica anche preparare pane e cioccolata per le ed i compagn*, sbucciare le patate e rimestare la polenta, in cui mi sembra di aver fatto workshop supplementari mentre chiacchieravo al banchetto all’ingresso.
Torno a casa contaminata ed emozionata, carica anche del fatto che ho respirato aria di prospettiva e di futuro, qualcosa di nuovo e radicale.
Come se avessi assorbito in maniera indiretta una serie di pratiche e lotte che già conoscevo ma a cui il Fem Blog Camp ha dato anche la materialità e la forza di un corpo, la bellezza dei visi di donne e uomini che hanno partecipato: mi sento messa in discussione, anche nel mio modo di vivere e credo che questa sia stata e sia la cosa più forte per me.
Ho voglia di conoscere, di sperimentare e sperimentarmi, di rielaborare a partire da me tutti gli stimoli che ho ricevuto e che in parte già conoscevo, ma che mi sono arrivati a Torino con una forza inaspettata; davanti a chi quotidianamente sostiene la real politik del compromesso e del volare basso, sminuendo la forza di fare politica con le nostre pratiche e contenuti con l’obiezione che è utopico, mi viene da controbattere una volta di più che esiste già una realtà di fatto che va coltivata e che è una rete dove ci si sente accolt* e protett*, liber*, una rete di persone belle e vive, che mi hanno dato un’energia forte e che mi porto nel cuore (col rischio di essere smielata e ridondante mentre ne parlo, ma non mi vergogno. Il fem blog camp mi ha travolta, emotivamente).
E questa rete è il più grande spettacolo dopo il big bang.
Grazie a tutt* e all’anno prossimo!