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Pensieri di pace durante un’incursione aerea

L’intervento di Emma Baeri, “femminista storica e storica femminista”, tra le fondatrici della Società Italiana delle Storiche

da Pisanotizie

Le fresie generose sono fiorite sul mio terrazzo e due boccioli di calle promettono corolle purissime; la radio dice che tra oggi e domani la nube tossica transiterà per l’Europa: dovrò fare incetta di lattuga, incontaminata ancora per poco (naturalmente, niente paura, nessun danno per la salute, ha detto il sapientissimo ministro); la radio dice che Gheddafi è andato in tv irridendo ( immagino anche ridendo) le “potenze” alleate: come dargli torto? Per quel poco di sangue arabo-siculo che potrebbe scorrere nelle mie vene e per quel tanto di cultura meticcia che certamente scorre nel mio cervello-cuore, anch’io rido, e sono smarrita.

Mai come in questa circostanza la stupidità criminale del patriarcato miliardario dell’Occidente mi appare nella sua insopportabile crudeltà, eppure sembra che la stiamo sopportando. Mi tormento da giorni sulla mia responsabilità civile e politica di femminista storica, di storica femminista indisciplinata, di compagna di compagni, di amica sincera di poche e pochi e, perchè no, di madre di due figlie e nonna di tre piccoli nipoti: che dire? Che fare?

“Fabbricare felicità”, mi risponde Virginia Woolf dal 1940. Ho riletto Pensieri di pace durante un’ incursione aerea, e ne raccomando una lettura condivisa in scuole, associazioni, gruppi, partiti, università, riunioni di condominio: la sua attualità non è ancora per noi europei – fino a quando? – ma molti “altri” sono già sotto le bombe.

Rileggo a saltare: “Facciamo tutto il possibile per creare il solo rifugio antiaereo efficace… Lassù in cielo combattono giovani inglesi contro giovani tedeschi. I difensori sono uomini, gli attaccanti sono uomini….Alla donna inglese non vengono consegnate armi… ma c’è un altro modo di lottare senza armi per la libertà. Possiamo lottare con la mente; fabbricare delle idee…Poiché ci sono altri tavoli, oltre ai tavoli dei militari e delle conferenze. Potrebbe darsi che se noi rinunciamo al pensiero privato, al tavolo del tè, perché esso ci sembra inutile, stiamo privando quel giovane inglese di un’arma che potrebbe essergli utile…Non è vero che siamo liberi. Questa sera siamo tutti e due prigionieri….Pertanto, pensiamo per lui. Cerchiamo di fare conscio l”inconscio hitlerismo che ci opprime. E’ il desiderio di aggressione; il desiderio di dominare e di rendere schiavi…. Donne incipriate; donne travestite; donne dalle labbra rosse e dalle unghie rosse. Sono schiave che cercano di rendere schiavi gli altri. Se potessimo liberarci dalla schiavitù, avremo liberato gli uomini dalla tirannia. Gli Hitler sono generati dagli schiavi….Cade una bomba….Dobbiamo creare attività più onorevoli per coloro i quali cercano di dominare in se stessi l’istinto combattivo, l’inconscio hitlerismo. Dobbiamo compensare l’uomo per la perdita delle sue armi…Dobbiamo fabbricare felicità.”.

Come, Virginia cara? Guardare il tavolo delle trattative dal punto di vista del tavolo da tè può essere un modo, perché solo guardando con tenerezza e libertà gli spazi “dentro” si coglie appieno l’orrore degli spazi “fuori”; orrore che prima ancora della guerra guerreggiata è dei “tavoli di pace” che ne decidono l’urgenza irrinunciabile. Quanti tavoli da tè sono stati bombardati in questi giorni in Libia? E altrove? Quanti corpi sono stati dilaniati, quanti nipoti?

Pensare “alla fimminina”: così viene detto in lingua sicula – non senza un filo di sufficienza da parte degli uomini – quel modo di fare e di pensare delle donne improntato al buon senso che risolve per vie sagge e brevi questioni complesse altrimenti irrisolvibili: una risorsa delle donne, secolare, molto prima del femminismo. Ecco, di fronte a questa guerra, che mette in scena bambini adulti maleducati e stizzosi che “giocano alla guerra” sul serio e ne uccidono altri inermi, di fronte a pretesi governanti democratici che decidono di lanciare bombe e missili dall’alto dei cieli senza nemmeno immaginare i corpi e i luoghi straziati in terra, penso che, forse un alleanza internazionale che avesse pensato “alla fimminina” avrebbe trovato altri modi per governare il conflitto.

Insomma basta con queste “cose da uomini”, non ne posso più di vedere tutti questi re nudi che danzano oscenamente sulla scena politica! Mi viene da dire, “mettetevi una maglia di lana e tornatevene a casa”. Ma non servirebbe.

Che fare quindi? Come fabbricare felicità? Per parte mia, ci sto provando così: scelgo di leggere libri che mi aiutano a capirmi e insieme a capire, sto frequentando un piccolo gruppo di donne, le Voltapagina, nato a Catania dopo il 13 febbraio, donne antiche e nuove che hanno riscoperto il valore politico di una comunicazione libera e piena di idee, una soglia di resistenza da lustrare ogni sabato pomeriggio (il giorno del nostro incontro); vado alle manifestazioni nelle quali posso condividere con i compagni di strada sdegno e speranza civili; penso alle figlie lontane e ai nipoti, registro un tuffo al cuore ma non mi dispero per questo; gratto la pancia ai miei sette gatti, godo delle loro fusa grate, delle fresie sbocciate, e trepido per le due calle, che sbocceranno a breve, se questa mia primavera resiste.

Emma Baeri

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Libia: così non si difendono i diritti umani!

Dieci tesi sull’intervento militare di Flavio Lotti, Coordinatore nazionale della Tavola della pace.
da http://www.perlapace.it


Foto di coriintempesta.altervista.org

 

1.    Una cosa è la Risoluzione dell’Onu, un’altra è la sua applicazione. Una cosa è difendere i diritti umani. Un’altra è scatenare una guerra.

2.    La Carta dell’Onu autorizza missioni militari (art. 42), non qualsiasi missione militare.

3.    L’iniziativa militare contro Gheddafi è stata assunta in fretta da un gruppo di paesi che hanno fatto addirittura a gara per stabilire chi bombardava per primo, che non ha nemmeno una strategia comune, che non ha un chiaro comando unificato ma solo una forma di coordinamento, con una coalizione internazionale che si incrina ai primi colpi e che deve già rispondere alla pesante accusa di essere andata oltre il mandato ricevuto. Si poteva iniziare in modo peggiore?

4.    Da tempo si doveva intervenire in difesa dei diritti umani. Lo abbiamo chiesto ripetutamente mentre l’atteggiamento del governo italiano e della comunità internazionale e, diciamolo, di tanta parte dei responsabili della politica oscillava tra l’inerzia e le complicità con Gheddafi. Se si interveniva prima, non saremmo giunti a questo punto.

5.    E ancora oggi, mentre si interviene in Libia non si dice e non si fa nulla per fermare la sanguinosa repressione delle manifestazioni in Baharein, nello Yemen e negli altri paesi del Golfo. L’Italia e l’Europa, prima di ogni altro paese e istituzione, devono mobilitare ogni risorsa disponibile a sostegno di chi si batte per la libertà e la democrazia.

6.    Ricordiamo che la risoluzione dell’Onu 1973 indica due obiettivi principali: l’immediato cessate il fuoco e la fine delle violenze contro i civili. Qualunque iniziativa intrapresa in attuazione di questa risoluzione deve essere coerente con questi obiettivi. Ovvero deve spegnere l’incendio e non alimentarlo ulteriormente, deve proteggere i civili e non esporli a una nuova spirale della violenza. Gli stati che si sono assunti la responsabilità di intervenire militarmente non possono permettersi di perseguire obiettivi diversi e devono agire con mezzi e azioni coerenti sotto il “coordinamento politico” dell’Onu previsto dalla Risoluzione 1973.

7.    Ad attuare quelle decisioni ci doveva essere un dispositivo politico, diplomatico, civile e militare sotto il completo controllo dell’Onu. Quel dispositivo non esiste perché le grandi potenze hanno sempre impedito all’Onu di attuare quanto previsto dall’art. 43 della sua Carta e di adempiere al suo mandato. La costruzione di un vero e proprio sistema di sicurezza comune globale non è più rinviabile. Continued…

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Replica all’Assessora del Comune di Pisa Marialuisa Chiofalo

Il ‘Comitato Donne 13 Febbraio_Pisa’, a seguito delle dichiarazioni rilasciate alla stampa dall’Assessora del Comune di Pisa Marialuisa Chiofalo, intende fare alcune importanti precisazioni su quanto è stato scritto.

In particolar modo, le frasi: “Ma a Pisa 30.000 persone sono scese in piazza il 13 Febbraio per affermare la propria fiducia nelle Istituzioni previste dalla Costituzione (civili, scolastiche, militari) e nei loro meccanismi democratici di auto/etero-controllo, il proprio spirito critico nel discernere tra fatti e propaganda, la fiducia nella scuola pubblica.” pubblicate su Pisanotizie in data 19 marzo u.s. ci sembrano non corrette rispetto allo scopo della manifestazione né tanto meno all’appello che ha portato alla stessa.

Nello specifico, il comunicato “Se non ora quando”, redatto dal ‘Comitato Donne 13 Febbraio_Pisa’, ha posto l’accento su come “ Attorno al corpo delle donne e la sessualità in genere, il suo controllo e mercificazione, si è strutturato un sistema che modifica la politica. Sono fenomeni che intersecano la crisi economica, con una inoccupazione e disoccupazione femminile fra le più alte d’Europa e la profonda crisi della rappresentanza che da troppi anni ormai, con attacchi alla Costituzione e delegittimazione del Parlamento, avvelena la scena politica.”

Hanno aderito alla Manifestazione associazioni e donne e uomini singolarmente: i partiti e le istituzioni sono stati volutamente invitati a non partecipare con i propri simboli.

A maggior ragione siamo stupit* che venga data una lettura che stravolge l’intenzione ed i contenuti di una piazza che ha espresso politiche altre e diverse da quelle imposte quotidianamente dal governo nazionale e locale.

Sentendoci inoltre chiamat* in causa anche sulla questione della “Giornata della solidarietà”all’interno della caserma Gamerra di Pisa, ribadiamo che non riteniamo questa inziativa proponibile e ci sentiamo di condividere le parole di Lidia Menapace: “di fronte a possibili involuzioni politiche e a coinvolgimenti dell’Europa nelle pericolose crisi nel Mediterraneo è anche più necessario affermare appunto il ripudio della guerra e la ricerca di forme politiche e di culture efficaci a inverare il dettato costituzionale. Anche perché le armi e il militarismo cui si ricorre nei periodi di crisi (anche tra le due guerre mondiali del resto) non possono più nascondere che, quanto più sono orrendamente distruttive, e ipocritamente dichiarate mezzi “umanitari”(!), tanto più sono inutili: è corruzione usarli nella formazione dei piccoli e dei ragazzi e ragazze.”

Invitiamo, dunque, tutte e tutti, in particolare l’Assessora, a rileggere il comunicato che alleghiamo.

Il Comitato Donne 13 Febbraio_Pisa

 

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Il cerchio delle donne

Partecipare a questo comitato per me è stato molto importante perchè ho avuto il coraggio di affermare in piazza i miei diritti di donna legati all’autodeterminazione, alla salute, il “mio” diritto al parto rispettato e non medicalizzato.

Ho partecipato alle riunioni organizzative con le mie figlie, e anche se la prima volta mi sono trattenuta alla casa poco più di mezz’ora, me ne sono andata soddisfatta perchè avevo dato il chiaro segnale “io ci sono, noi ci siamo” e ho tutte le intenzioni di andare avanti in questo percorso.
Io sento la mia partecipazione al comitato e anche al gruppo “Santa Chiara” come un viaggio “spirituale”, un viaggio proprio dentro i miei diritti di persona e di donna, che mi ha portato a sperimentare un nuovo modo di essere e percepirmi, e ad allargare i miei orizzonti, in altre parole a vedere la realtà che mi circonda con nuovi occhi.

Nel gruppo ho visto il “cerchio di donne”, nessuna gerarchia, ognuna poteva esprimersi come meglio riteneva, ho visto la libertà, l’ascolto attivo, l’accoglienza, la forza, la sorellanza, la determinazione, la creatività, l’impegno sociale, la voglia di mettere a fattor comune le proprie capacità, la serietà e anche la delicatezza, in un senso più ampio ho visto amore per noi stesse e la voglia (e non il bisogno) di esserci per noi stesse, per costruire un pezzo di storia di cui andare fiere e che lasceremo come eredità alle donne e agli uomini che verranno dopo di noi.
Durante le riunioni ho sentito un’energia costruttiva e positiva, di quelle che non si percepiscono sempre alle riunioni organizzative di qualsiasi altro comitato, organizzazione lavorativa o associativa e questo mi ha molto fatto riflettere, perchè quando noi usiamo questa energia per creare la realtà che vogliamo intorno a noi e la manifestiamo, in un certo senso ci avviciniamo alla nostra essenza e quando stiamo nella nostra essenza tutte le barriere si sgretolano e le unicità di tutte noi si trasformano in ricchezza per tutti.

Ho sentito dire da qualche parte che per Pisa la manifestazione del 13 febbraio è un nuovo punto di partenza, spero che il comitato continui ad esistere, proporre, manifestare, rivendicare con il fine di occupare a 360° il nostro spazio in questa società.

Il 13 febbraio è nata una nuova stagione, un movimento, un’energia che sento inarrestabile e che da tempo era in gestazione e che molte donne attendevano: una specie di rinascita!

Anna Maria

Posted in 8 marzo, primo piano.


Muovendosi in difesa

Le mie impressioni sulla nostra manifestazione al Santa Chiara nel giorno della festa della donna.

Io ho avuto la sensazione che abbiamo fatto una piccola cosa, però ci siamo fatte sentire, vedere e ascoltare; diverse persone si sono fermate a salutarci, alcune/i ci hanno fatto festa (penso che avrebbero voluto essere con noi), alcune/i sono rimaste più distaccate, ma la sensazione era che il tema li interessava da vicino. Quello che mi è piaciuto di più è che con così poco siamo riuscite a fare tanto, penso che questa esperienza si possa trasferire ad altro; tutte le manifestazioni di quest’ultimo mese ci dimostrano che comunque non bisogna scoraggiarsi, bisogna muoversi, farsi sentire, stare vicine/i e compatte/i.

Mi è piaciuta molto anche la preparazione dell’evento, nelle nostre riunioni mi sono trovata bene, ognuno portava qualcosa di suo che subito si amalgamava con tutto il resto e si arricchiva dei contributi di tutte; penso che, senza vincoli di tempo, avremmo potuto stare ore a tirare fuori slogan e cartelli, a tirare fuori tutto quello che abbiamo dentro e che abbiamo tenuto dentro per troppo tempo.

Soprattutto quest’ultima cosa per me è importante, forse altre hanno partecipato attivamente negli ultimi anni, io invece meno. Non è che io sia chiusa sulla mia vita personale, perché ho sempre cercato sia sul lavoro, che nella famiglia, che nelle varie attività, di far vivere le mie idee, però ora mi sembra diverso, è la dimensione collettiva che cambia tutto; ho sentito forte il bisogno di tornare in piazza a manifestare, a gridare, portare cartelli, e dico tornare perché molti anni fa io c’ero già stata in piazza. È molto diverso trovarsi e ritrovarsi insieme, confrontarsi, parlare, e questo è bellissimo; a me piace moltissimo stare vicine, stare unite, mi rallegra lo scambio di mail, a volte frenetico e difficile da seguire, ma che mi illumina un momento un po’ grigio, magari sul lavoro o tra le incombenze di casa; mi arricchisce sentire intorno a me tante idee e riflessioni a cui io non avevo pensato.

È anche tutto molto diverso dai movimenti di trenta quaranta anni fa, allora ci si muoveva d’anticipo, perché volevamo cambiare tutto, ora mi sembra, purtroppo, che ci si muova in difesa, perché gli attacchi sono continui e pesanti; io mi sento aggredita come donna, ma anche come lavoratrice, come madre, come docente, come cittadina, come futura pensionata, veramente mi sento aggredita in tutti gli aspetti della mia vita; forse è per questo che sentiamo forte il bisogno di fare qualcosa. Con queste ultime manifestazioni abbiamo scoperto che possiamo farlo, che dobbiamo farlo e vogliamo farlo e lo vogliamo fare insieme, e continueremo così!

Maria Laura

 

Posted in 8 marzo, primo piano.


Proseguiamo ballando, sulla strada che stiamo costruendo insieme.


Quando arriva l’ora della Street Parade, l’8 marzo è quasi concluso.

E’ stata una giornata densa di eventi e di emozioni, costruita attraverso un confronto di voci molteplici, a margine della quale mi prendo lo spazio di un pensiero.
Sono abituata a vivere la politica in maniera razionale e riflessiva, eppure lavorare nel Comitato mi sta relazionando con un modo di raccontarsi per progettare, ripartendo proprio dalle nostre soggettività, che non può prescindere da un aspetto emotivo, ma che lo integra nell’articolazione di un progetto: è un sentire insieme che si traduce anche in (buona) pratica politica.
Mettersi a nudo collettivamente, iniziare da noi e dalle nostre esigenze e ascoltare storie che sono spesso lontane dalla nostra esperienza (siamo almeno tre generazioni diverse di donne e uomini, con identità, provenienza, percorsi, appartenenza e problematiche differenti) non è semplice, almeno per me che ho studiato l’autocoscienza senza viverla e se e quando l’ho abbracciata è stato in collettivi piccoli, con una grande omogeneità di persone che ne facevano parte.
Ci troviamo a narrarci e contaminarci, in modo del tutto spontaneo e non programmato: è molto forte in un senso positivo e mi destabilizza.
In parte perché, in un’epoca ferocemente individualista, in cui il cinismo è norma, risulta insolito (ri)scoprirsi, ma forse soprattutto perché dal confronto emergono tanti quesiti su cui è inevitabile soffermarmi mentre torno a casa dopo un’assemblea e questo mette in crisi- nemmeno in una maniera del tutto volontaria- una serie di strutture, di convenzioni, anche di proiezioni solipsistiche che sono profondamente radicate in me e che nemmeno sapevo di avere.

Così, mentre finisce l’aperitivo al grido di ciò che vogliamo, mi ritrovo a fare un bilancio della giornata, in cui penso anche che, al di là della partecipazione, dell’informazione che siamo riuscit* a passare oggi a Pisa, alle sue svariate facce e piazze, quest’otto marzo è stato di lotta per le premesse di cui ho scritto e questo per me è il risultato più importante, per creare dall’interno, in modo totalmente orizzontale, un cambiamento di realtà.

Fa freddo, ma siamo lo stesso in tant*, mascherat*: è la Giornata Internazionale delle Donne e anche martedì grasso, di una quaresima di austerity che dura più di quaranta giorni l’anno e che ci troviamo a scontare in tutte le stagioni.
Rovesciamo il nostro desiderio nel mondo alla rovescia, siamo assunt* con contratti a tempo indeterminato, amministratori pubblici e industriali che abbracciano politiche sociali, preti che distribuiscono manate di profilattici e benedizioni improbabili, ginecologhe non obiettrici, donne autodeterminate ed embrioni che non sono persone, donne e uomini che sovvertono beffardamente i ruoli e le vesti di genere preconfezionate ed anche escort che ridono del loro ruolo a bordo di auto di cartone.
La parata carnevalesca, irriverente, ridanciana, danzante sulle percussioni dei Sambalordi, è una liberatoria sovversione di tutte le regole, le leggi e i divieti vigenti durante tutto l’anno, il trionfo di una sorta di liberazione temporanea dalla verità dominante e di abolizione provvisoria di tutti i rapporti gerarchici, dei privilegi, delle norme e dei tabù.

Un’unione grottesca di elementi opposti, di corpi normalmente separati dalle gerarchie extracarnevalesche, che- mascherati- convivono: liberi di toccarsi, avvicinarsi, confondersi nel superamento dell’isolamento.
Il riso corale che ne scaturisce sbeffeggia la realtà in cui viviamo, ma allo stesso tempo mostra una prospettiva diversa, ci permette di oltrepassare i ruoli di genere e scardinare le nostre stesse paure: ridiamo anche di noi stess*mentre prendiamo a braccetto il Babau che più ci spaventa.
Con quell’asprezza carnevalesca che, pur permettendoci di volgere uno sguardo al futuro incompiuto, ha chiaro il pesante presente.
E’ l’epilogo di una giornata intensa di lotta, una sorta di metafora del nostro stesso desiderare: è libertà, autodeterminazione e solidarietà.

Proseguiamo. Determinat*, ballando, sulla strada che stiamo costruendo insieme.

Lotta

Posted in 8 marzo, primo piano.


Questo otto marzo

Questo (otto) marzo 2011 è, mi sembra, del tutto speciale.

Molte donne (e molti uomini) dicono che non c’è proprio nulla da festeggiare, anzi… Molte altre donne (e
molti uomini), d’altra parte, vogliono farne un momento particolarmente importante,
diverso, più ricco della rituale celebrazione di questa ‘giornata particolare ‘, dalla storia
un po’ vaga e confusa per molte/i di noi, come è proprio di tutti i miti (1).

Forse una radice della divergenza tra favorevoli e contrari si trova proprio nelle
parole da usare per l’8 marzo, che non è la ‘festa della donna ’, di americane risonanze
(vedi ‘festa della mamma ’ o del papà), ma la giornata internazionale delle donne, che
ha sempre avuto una connotazione fortemente politica e universale. ‘Festa’ e
‘festeggiare’, suonano scioccamente gioiosi. ‘Celebrare’ sarebbe più esatto, ma ha un
suono burocratico e pomposo, e non restituisce affatto la voglia di levità, di gioco, che di
solito accompagna – da tempi immemorabili – i rituali delle donne. La stessa forza e
gentilezza che riconosciamo nella mimosa voluta da Teresa Mattei, Rita Montagnana e
Teresa Noce, tre delle 21 donne della Costituente. Ho letto una lettera di donne
sull’argomento, che comincia: “Basta con fiorellini e regalini…”: dunque si devono essere
formati vuoti di memoria nefasti, in questa ondata di melma sciagurata che ci è venuta
addosso: non ricordiamo più gli abiti colorati, le figure di danza, i volti dipinti delle
femministe mentre rivendicavano parità di diritti, lavoro, libertà di decisione autonoma su
questioni gravi, serissime, come aborto, divorzio, educazione dei figli?
Ma torniamo a questo otto marzo 2011, che io credo sia da celebrare e da
ricordare, nonostante tutto, per almeno due o tre ragioni importanti. La prima: questo è
un 8 marzo speciale perché si salda con un’altra ‘giornata particolare ’ recentissima: il
13 febbraio.. una giornata in cui il suono della voce delle donne si è sentito di nuovo,
forte – e si sentirà ancora l’otto marzo e oltre – nelle piazze di tante città italiane.
A Pisa il 13 febbraio eravamo davvero in tante: donne che da anni sembravano
aver dimenticato, sotterrato le rivendicazioni femministe, la voglia di uscire in piazza a
chiedere di veder rispettati i diritti di pari dignità e pari opportunità nel lavoro retribuito,
nella vita domestica / privata, nella vita sociale e civile; e il diritto alla sicurezza del corpo
e alla autodeterminazione, il diritto di essere riconosciute soggetti agenti, ‘capaci ‘,
titolari di autonomia e responsabilità e non – sempre – minori e oggetti passivi del
desiderio altrui. In tempi brevissimi, per passaparola e con l’aiuto di e-mail, social
networks e cellulari, si è formato un Comitato donne _13 febbraio, vi hanno partecipato e
lavorato donne di tutte le età e di varie appartenenze, politiche, associative o
semplicemente cittadine, italiane e straniere. Continued…

Posted in 8 marzo, primo piano.


Un otto marzo di lotta

L’8 marzoYou look beautiful today a Pisa ha disseminato nelle sue piazze tante idee, rivendicazioni, proposte che speriamo siano state in grado di risvegliare la consapevolezza della necessità di continuare a lottare, unit*. Il corteo del 13 febbraio, che ha visto sfilare per le vie cittadine quasi diecimila persone, aveva saputo distinguersi tra le piazze del resto del paese per la sua capacità di trovare dei punti in comune che evidenziassero che le lotte portate in campo, dalle donne, dalle/dai sex workers, dai/dalle migranti, dagli studenti, dalle studentesse dai ricercator* precar*, dai/dalle lavoratori/trici, devono essere lotte trasversali, allargate, includenti e partecipate.

Nelle tante manifestazioni, cortei e movimenti che hanno attraversato e risvegliato questa città non era mai successo che il tema agglutinante fossero proprio le questioni di genere e la critica al sistema patriarcale, il quale si intreccia all’economia capitalista, attraverso il meccanismo della divisione sessuale del lavoro e la mercificazione dei corpi funzionale all’economia di mercato, e al sistema di neo-colonialismo, con lo sfruttamento del lavoro dei/delle migranti, privati/e di diritti e vessati/e dalle violenze di uno stato razzista e sessista.

E sono veramente tante le lotte da fare; iniziare a farle includendo nell’interpretazione della realtà e nelle rivendicazioni messe in campo una riflessione che sappia anche andare “dalla cintura in giù” (cit.), ossia che sappia cogliere la dimensione di genere delle relazioni individuali e politiche, aggiungerebbe quell’elemento di riflessione che non è un semplice valore aggiunto, ma un’analisi su un pilastro fondamentale su cui è costruita la nostra società e le relazioni di potere che la determinano. Il percorso cominciato il 13 febbraio ha coinvolto anche la giornata dell’8 marzo. Il comitato di donne (e uomini) raccoglie anime molto diverse dell’associazionismo e della politica di questa città. Nell’ottica di collaborare trovando punti comuni nel rispetto delle reciproche differenze quella che è stata realizzata è indubbiamente una giornata molto densa e ricca di contenuti e idee, anche per avviare un percorso di riflessione e di lotta guardando al futuro.

La conclusione della giornata, organizzata dai gruppi che hanno partecipato allo spezzone critico degli ombrelli rossi del 13 febbraio, ha avuto inizio in piazza delle vettovaglie con un flash mob all’insegna del “Noi vogliamo tutto”. Sparpagliate tra le molte persone presenti in piazza, voci libere hanno gridato i loro desideri: “Io voglio un mondo in cui se lascio un uomo non vengo presa a coltellate”, “Io voglio un mondo in cui ai colloqui di lavoro non mi chiedano se voglio far figli prima di assumermi”, “Io voglio un mondo in cui le bambine non vengano vestite di rosa e i bambini di azzurro”, “Io voglio un mondo in cui non ci siano donne perbene e donne permale”. Desideri di libertà, resistenza e autodeterminazione messi in maschera nel clima festoso della street parade che da piazza delle vettovaglie ha attraversato le vie del centro fino a raggiungere piazza Garibaldi, l’ultima piazza “disseminata” da questo 8 marzo.

Tanti e tante hanno aderito all’appello della Street, accompagnata e animata dai Sambalordi, marching band di percussioni afro-brasiliane, e si sono (s)mascherati da chi ci opprime, quotidianamente, cogliendo lo spirito del carnevale e creando un mondo alla rovescia tra preti che regalano preservativi (e pure di marca), medici che obiettano gli obiettori, donne incinte che decidono sul proprio corpo, datori di lavoro che regalano contratti a tempo indeterminato. Riconoscere chi e cosa ci opprime e portarlo in piazza è condividere i propri bisogni, le proprie paure, le violenze che subiamo per mettere così in rete le nostre lotte.

Lafra

Posted in 8 marzo, primo piano.


Assemblea di coordinamento

Andiamo avanti.

L’8 marzo è stata una giornata importante, di lotta e condivisione, molto partecipata e importante non solo per chi l’ha vissuta, ma anche per tutt* coloro che l’hanno organizzata, popolandola. Ripartiamo da questa giornata intensa per guardare al futuro.

Ci ritroviamo a distanza di una settimana, il 16 marzo p.v. alle 21, alla Casa della Donna, in via Galli Tassi 8 per coordinarci e stabilire come articolare il nostro percorso per il futuro, come proseguire insieme, quali strade intraprendere.

E anche per scambiarci idee, opinioni, riflessioni: confrontarci su cosa è venuto fuori in questo periodo e su noi stess*.

Partecipa anche tu al progetto Comitato Donne 13 febbraio!

Assemblea di Coordinamento, mercoledì 16/03 ore 21. Presso la Casa della Donna, in via Galli Tassi 8, Pisa.

INFO

TELEFONO: 050 550627
MAIL: segreteria.casa@tiscali.it

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Rassegna stampa

Grazie a tutt* quell* che hanno partecipato e contribuito alla riuscita di questa giornata!

8marzo

Corpi che partono, arrivano, attraversando i confini. Foto di Marco Marche per Pisanotizie

Segnalaci e/o inviaci il materiale sulla giornata dell’8 marzo a Pisa!

 

Articoli

Pisanotizie “Il lungo viaggio delle donne verso il domani” di Cinzia Colosimo e Chiara Martina

“Disseminiamo l’8 marzo: una città, tante piazze” di Chiara Martina

Report e riflessioni

AutAut Pisa “Un otto marzo di lotta” di LaFra

Quaderni della Nonviolenza “Questo otto marzo” di Virginia Del Re

GlobalProject “Rovesciamo la realtà! Arm your desire” di Bobopisa

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