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Le briciole del welfare

Nella giornata di sciopero a sindacati uniti, eravamo in piazza anche noi contro la manovra Monti. Condividiamo alcune riflessioni che abbiamo scritto in merito alla manovra. Buona lettura!

La crisi non è neutra. La manovra ancora meno.

 

Solo tagli per risanare il debito pubblico, nessuna idea di sviluppo, nessuna ricetta per rimettere in moto l’economia e la crescita del paese, ma una prospettiva di recessione, povertà ed iniquità sociale.
Qualche tempo fa dicevamo che “la crisi non è neutra”, ora sappiamo che anche le manovre non sono neutre e colpiscono in maniera particolare le donne.
Il succedersi di provvedimenti che hanno finora impoverito i servizi, la scuola, la ricerca, la sanità, fino alla manovra Monti che preleva le risorse direttamente dai redditi delle famiglie e dei pensionati, presenteranno i loro effetti sulla vita delle donne.
In che modo?

SULLE PENSIONI…

In assenza di servizi adeguati per l’infanzia e la terza età, il welfare si regge su un patto implicito tra generazioni di donne di diversa età, con la generazione delle cinquantacinque-sessantacinquenni che assolvono alle funzioni di cura de* nipoti e dei genitori anziani e sostengono con il loro reddito le ed i figli/e precari/e.
L’aumento dell’età pensionabile senza una adeguata politica sociale rompe il patto intergenerazionale, frantumando la rete familiare di welfare che funge da ammortizzatore sociale e sobbarcando le donne del peso insostenibile dell’inconciliabilità tra lavoro retribuito e lavoro di cura.
Il lavoro delle donne non è garantito, è di difficile accesso (una donna su due in Italia è inoccupata) le carriere sono discontinue, prevalgono part-time e contratti atipici; una donna incinta spesso è costretta a rassegnare dimissioni in bianco o a dimettersi per accudire i/le figli/e: il divario di genere si riflette anche sul trattamento pensionistico perché le donne maturano meno contributi (il 52% è al di sotto dei 20 anni di contributi).
Salari più bassi e periodi lavorativi discontinui, con un sistema di tipo contributivo, significano pensioni più basse o nessuna pensione: e già ad oggi la percentuale di donne che matura una pensione è più bassa rispetto a quella degli uomini.
Inoltre, un sistema di tipo contributivo senza redistribuzione non tiene in considerazione che la differenza dei contributi versati tra uomini e donne è spesso dovuta al carico di lavoro di cura che le donne svolgono durante la maternità e nella cura degli anziani
Con il blocco dell’indicizzazione delle pensioni, sono le donne che vengono colpite più duramente: se prima di questa manovra erano povere tra i poveri, ora saranno esposte a un maggiore rischio di indigenza dato dal congelamento del reddito, con riduzione del potere d’acquisto.
In Italia i redditi medi relativi alle pensioni di vecchiaia percepiti dalle donne sono quasi la metà di quelli percepiti dagli uomini (1219 euro mensili) e le donne hanno statisticamente una vita più lunga degli uomini.
Anche la penalizzazione del 2% su ogni anno di anticipo per l’ingresso della pensione prima dei 62 anni si riflette più gravemente sulle donne, a causa della pensione più bassa.

SUL LAVORO…

Tutt* le lavoratrici ed i lavoratori tra i 50 e i 60 anni che sono coinvolt* in crisi aziendali o hanno perso negli ultimi anni il lavoro e non percepiscono un reddito vengono mess* in una situazione di emergenza dalla cancellazione della pensione di anzianità: rischiano di non essere nella quota di esenzione (prevista per solo 50.000 unità), senza strumenti di sostegno al reddito fino all’età pensionabile.
In un periodo di crisi, di precarietà del lavoro e forte inoccupazione, l’aumento dell’età pensionabile paralizza il turnover e l’accesso al lavoro alle generazioni più giovani: nei prossimi dieci anni andranno in pensione il 15% di quell* che avevano previsto di farlo, con un blocco dei posti di lavoro e di dirigenza. Nessuna possibilità di inserimento o miglioramento economico e sociale per le ed i giovani.
Per quanto riguarda la crescita e il lavoro non si è saputo andare oltre l’idea di favorire le aziende che assumono “i giovani e le donne”, buttando in un unico calderone aspecifici incentivi che sono più che altro simbolici.

SUL COSTO DELLA VITA…

La tassa sulla prima casa, il rincaro dell’iva, delle accise e della benzina sono tutte misure che riguardano beni necessari e prodotti di largo consumo che, in un periodo di deflessione, disoccupazione e salari bloccati, diminuiranno il potere d’acquisto di chi vive di reddito dipendente e pensioni.
E’ evidente che, come è stato per la scuola, non si tratta di una “riforma” ma di un sistema di tagli che servono a fare cassa.
Questa manovra che guarda solo al contenimento della spesa pubblica, fa riferimento alle risorse delle donne, non solo perché preleva dai redditi e dai diritti delle donne che lavorano e di quelle che hanno lavorato ma perché rende la vita delle giovani donne una corsa con sempre più ostacoli verso un futuro difficile da immaginare.
 

Spazzato via il welfare, toccherà come sempre alle donne raccoglierne le briciole?

 

Comitato Donne 13 Febbraio Pisa

Pisa, 12/12/2011

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