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#desmontaje4f La lettera di Patricia Heras

Al FemBlogCamp tra le tante cose belle che sono state fatte, la sera di sabato è stato costruito un reading -ferocemente femminista- dalle King Kong Bloggers.

Slavina ha letto una lettera di Patricia Heras, scritta dal carcere di Wad Ras, dove era stata incarcerata ingiustamente dopo 4 anni di battaglie legali estenuanti ed infruttuose. Patricia era una poetessa precaria ed attivista queer, accusata nel processo 4F (l’unica donna) per un crimine mai commesso, in uno dei casi piú scandalosi di repressione e giustizia sommaria della “democratica” Spagna. Io credo che sia riuscita a portare un pezzo di Patricia, con noi, a Torino; almeno a me è arrivato e dritto al cuore e mi fa male.

Non ho mai avuto il piacere di conoscere Patricia, né questo accadrà mai, perché si è suicidata lo scorso aprile, mentre scontava la sua pena in semilibertá perché non ce la faceva più ad andare avanti. Sto leggendo molto su di lei, in questo periodo, e mi fa rabbia leggere di questa ingiustizia, e tristezza per la scomparsa di una donna così bella e così forte nel portare avati la sua r-esistenza. La leggo in questi giorni, innamorandomene, con un senso di rabbia sorda.

Vi riporto la lettera di Patricia da Wad Ras, perché si possa conoscere la sua storia e perché in questi giorni stanno emergendo importanti novità su questo caso. I due testimoni chiave sulle cui testimonianze si era basata la condanna a Patricia, Alfredo, Rodrigo, Alex e Juan. sono stati infatti condannati per torture e lesioni gravi nei confronti di un altro giovane.

da Malapecora

(la prima) Lettera da Wad Ras

Ciao famiglia!
Oggi mi é arrivata la vostra lettera da Castellón (dove si svolgevano le giornate di disobbedienza sessuale ndt), ancora non mi é chiaro quando distribuiscono la posta (sicuro il martedí) perché l’impanatura – sebbene in questo Ramadan forzato – é con me e temo non mi abbandonerá mai.
Me l’hanno data a colazione, alle 8.30 del mattino, che non sono persona, e morivo dal ridere e dalla paura quando la funzionaria l’ha aperta tirando fuori tutti i fogli scritti… Qui é difficile concentrarsi e ancora di piú trovare un momento di isolamento e intimitá e ho dovuto aspettare “la notte” sdraiata nel letto per poterla leggere e rispondere.
Molte grazie a tuttx, é piena di affetto lisergico, abbracci e sorrisi strabici e leggendola quasi posso vedervi tutte spogliate, spenzolanti e felicemente locotroniche… come ci piace stare, yuppiiii!!! Continued…

Posted in pensieri sparsi, primo piano.


Il report della plenaria al FemBlogCamp

Da Femminismo a Sud, il report della plenaria del Feminist Blog Camp.

Buona lettura!

 

Questo è il report su quanto in sintesi ci siamo dett* alla plenaria del Feminist Blog Camp. (Report numerosi e vari interventi dei workshop potete trovarli a partire dai link in fondo a questo post) Una plenaria partecipata per quanto tant* già fossero andat* via. Perciò, nello spirito di condivisione e di massima partecipazione che ci siamo dat* sin dall’inizio il report è passato dalla mailing list, attraverso la quale ogni cosa è stata decisa e organizzata di comune accordo, e abbiamo atteso che tutt* avessero il tempo di valutarlo, eventualmente integrarlo o correggerlo. Ci sono pochissime variazioni in realtà e il report di per se’ ha suscitato una discussione entusiasta e comunque costruttiva su cosa sarebbe meglio fare l’anno prossimo, volendo tutt* andare avanti nella direzione presa e avendo ben chiaro che fare rete è una risorsa e non un limite per qualunque battaglia politica che tutt* noi vogliamo intraprendere. Perciò vi lascio al report che è lettura corposa e d’accordo con la lista lascio da parte la discussione su elementi di valutazione successiva che riprenderemo più in là quando tutt* avranno voglia di socializzarle. Noi ci riserviamo comunque di continuare a produrre analisi e rispetto a questo report segnalo che un primo risultato è già stato condiviso e che riguarda il documento venuto fuori dalla plenaria “No al movimento per la vita nei consultori”. Testo e firme potete leggere QUIe ovviamente chiediamo che la rete si faccia rete e che si attivi per la diffusione di questi contenuti, nelle forme e nei modi che più si ritengono opportuni. Buona lettura!

>>>^^^<<<

In conclusione, il posto è stato frequentato da almeno duecento persone, donne e uomini, intervenute da tutta italia e anche da alcune città d’europa, francia, germania per esempio, per partecipare ai workshop. Molte altre comunque erano con noi a socializzare e raccontarsi. Non sapremmo quantificare perché possiamo solo dire che le tre sessioni workshop in contemporanea erano sempre frequentate, in numero maggiore o minore, ma comunque partecipate e le persone che hanno contribuito al fem blog camp sono davvero tante.
I temi di maggiore interesse sono stati quelli che ruotavano attorno all’antisessismo, al postporno come riappropriazione della sessualità e dell’immagine dei nostri corpi, non artefatti e truccati da alcuna soluzione grafica, all’antiautoritarismo, con ampie sessioni in cui si ragionava dell’uso del web per non consentire ad altr* di raccontare le nostre lotte al posto nostro, all’antispecismo, narrato con parallelismi significativi che parlavano di violenze contro le donne e contro gli animali, alle sessioni tech, soprattutto la parte che riguardava il “fare blog”, il cyberstalking, la modalità di fare rete e di darsi forza per poter veicolare meglio e di più i nostri contenuti. Tema di interesse è stato quello che contestualizzava il progetto di comunicazione politica sulla precarietà “Malafemmina” e le sessioni gestite da Vezzoli/Sanzo o Lorella Zanardo. Continued…

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Fuori gli obiettori dalle nostre vite!

Un importante documento illustrato dalle ragazze del Laboratorio Sguardi Sui Generis alla plenaria del Feminist Blog Camp di Torino.

Una battaglia che coinvolge tante donne con l’impegno di costituire una rete, tra soggetti territoriali, nazionali, virtuali che contrasti la politica di smantellamento di diritti che le donne in Italia subiscono a partire dai consultori sul proprio corpo.

Diffondiamo questo comunicato per fare rete sulle lotte comuni!

Comunicato dell’assemblea plenaria del Feminist Blog Camp contro gli attacchi regionali all’autodeterminazione delle donne.

Siamo donne, ragazze, studentesse, precarie, disoccupate, provenienti da differenti città, appartenenti a collettivi di genere e percorsi di autodeterminazione. Da tempo siamo impegnate nelle nostre regioni a contrastare quelle politiche sociosanitarie che minano, seppur in modi differenti, l’autodeterminazione delle donne in tema di scelta di maternità; in particolare l’introduzione del volontariato pro vita nei consultori e la privatizzazione dei servizi sanitari che si accompagnano a quella capillare diffusione dell’obiezione di coscienza come vero e proprio dispositivo per normare le nostre condotte e sessualità. Il Feminist Blog Camp è stata per noi occasione di incontro e condivisione. Un incontro dal quale non abbiamo potuto che trarre conferma all’idea che questi attacchi siano assolutamente trasversali e che le singole regioni rappresentino il laboratorio di un disegno più ampio, volto a generalizzare questo modello sociosanitario in tutta Italia.

La nostra risposta politica dunque non può che essere unitaria, intersecando i singoli percorsi di lotta regionali: quelli relativi alle normative sui consultori, all’iter della pillola RU486 e quello dell’interruzione volontaria di gravidanza, contro l’introduzione del movimento per la vita nei consultori, al quale ribadiamo che non daremo alcuno spazio. Intendiamo dunque coordinarci su due livelli, uno informativo rispetto alle condizioni delle singole regioni, l’altro volto a individuare una linea comune di contrasto verso quanto sta accadendo.

Vogliamo perciò costruire delle tappe di confluenza delle rispettive lotte nei nostri luoghi di battaglia, nelle scuole, nelle università, nei consultori, per dare vita ad una rete, nella speranza che il percorso intrapreso conduca ad un momento di confronto e lotta unitario.

Nessuno spazio al movimento per la vita in ospedali, consultori e scuole!

Fuori gli obiettori dalle nostre vite!

Assemblea plenaria Feminist Blog Camp

Laboratorio Sguardi sui Generis – Torino

Le Ribellule – Roma

Mujeres Libres – Bologna

Consultoria Autogestita – Milano

Assemblea Le De’Genere – Terni

Femminismo a Sud

xxd – rivista di varia donnità

Vengoprima! – Venezia

Frequenze di genere – Bologna

Femminile Plurale

Un altro genere di comunicazione

Collettivo LeGrif – Pisa

Comitato Donne 13 Febbraio – Pisa

women.it/Orlando

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Il #femblogcamp mi fa sentire meno sola!

Da Femminismo a Sud il report di Antonella. Qui sotto le immagini di Slavina del Reading al FemBlogCamp

Ciao a tutt*,
finalmente ho deciso di iscrivermi alla mailing list del camp.
Sono Antonella ed ero anche io all´Askatasuna la settimana scorsa. Il mio modo di esserci era un pó diverso da quello della maggior parte delle persone lí: io non ho un blog e mi sentivo piú che altro una osservatrice. Per tutti i giorni ho osservato con attenzione, ho seguito anche i workshop naturalmente e li ho trovati tutti molto interessanti, ma la cosa che mi é piaciuta di piú é stato semplicemente guardare le donne che erano lí, tutte diverse ma tutte unite e organizzate per la buona riuscita del campo.

Sguardi duri, sorrisi teneri, incroci d´intesa, una “sorellanza” che scatta d´istinto tra i pentoloni della cucina, cambi di programma dell´ultimo minuto, Enza che gira per le sale con la sua telecamerina rossa e coglie gli attimi e si assicura che i turni di autogestione siano coperti, il freddo la mattina e l´odore del caldo da stufa che ci abbracciava col farsi della sera, donne di tutte le etá e di tutti i tipi, donne forti e determinate, che credono nella pratica politica, nelle diverse forme in cui essa possa manifestarsi.

Ed é proprio questo il punto su cui vorrei soffermarmi, sperando di non risultare banale o retorica: la pratica politica che in quei giorni abbiamo attuato a Torino, le proposte, il fermento, i dibattiti. É stato magico e per me, che ora vivo all´estero e considero l´Italia un paese addormentato nel quale non voglio piú vivere, una grandissima sorpresa, che mi ha dato speranza e mi fa sentire meno sola, anche da quaggiú.

Piú volte in quelle giornate si é parlato di corpo, nella varie sfaccettature che questa parola puó avere in diversi contesti: prima come oggetto che satura il palinsesto televisivo italiano, poi come arma, come campo di battaglia, presa di coscienza e sdoganamento di ruoli che non vogliamo piú avere. “Your body is a battleground”, come dice Barbara Kruger. Stare lí in quei giorni mi ha fatto sentire viva, mi ha fatto sperare che le cose in qualche modo possono cambiare, cambieranno, se continuiamo a fare rete.

Concludo citando un intervento di Laura Milani, che mi ha molto colpito, perché contiene al suo interno le due anime del campo, da un lato la forza e la determinazione, dall´altro la poesia e la leggerezza del rendere un gesto politico poetico e viceversa: “tremate, tremate, le farfalle son tornate”…
Aspetto con impazienza il nostro prossimo incontro e intanto vi abbraccio tutte, e lo faccio qui perché non ho osato farlo di persona al
termine della plenaria…
a presto anto

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Il #feminist blog-camp mi ha contaminata ed emozionata!


Questo non è un post.

Ho provato a mettere giù quello che penso e poi non ci riesco mai, mi resta una descrizione di luoghi e di persone (bellissim*) e non è quello che voglio tenere, perché al di là delle forme, dell’aska -che era diverso da come me lo immaginavo, perché sembrava più una casa che un capannone, una grossa casa intricata e labirintica, a sentirti Alice mentre la giri, delle sale una due e tre e delle griglie di programma, che poi cambiavano un po’ e ti trovavi a seguire un workshop diverso da quello che immaginavi (e magari anche più interessante)- e delle persone stupende -che ti sorprendono per come abbiano reso possibile, senza protagonismi e con una collaborazione e un’attenzione continua, che ti faceva sentire non soltanto accolta, ma anche visibile e importante , invogliandoti a partecipare-, non è una descrizione per immagini ma per sensazioni quella che voglio tenere.

Il feminist blog camp è stata una bella esperienza, ricca.
Mi viene difficile articolare un unico pensiero compiuto, perché ci sono tanti pensieri che si accalcano, come lucine accese e ci metterò forse un po’ a decodificare tutto e arrivare ad una mia sintesi politica.
La prima impressione di cui riesco a parlare è il senso di accoglienza, di rete, di casa.
Di stare in un posto dove si stava bene, in cui c’era spazio per un io, un tu e un noi.
Credo che in questo il fem blog camp abbia lasciato un segno, una striscia di colore come dai pennarelli di Nina, che te la porti addosso dopo che torni.

Ho capito per la prima volta senza mediazioni di pensiero quanto sia vero che il personale è politico, in un modo intuitivo e forse per questo più profondo.
L’Askatasuna ha raccolto una serie di esperienze e di vissuti distanti, ma con una base comune di attenzione per l’altr* e dialettica con la diversità, uno spazio liberato e libero in cui è facile confrontarsi, anche senza dover ricorrere alla narrazione verbale, perché i percorsi fatti sono stati interiorizzati a tal punto che si può arrivare ad esprimerli semplicemente mettendoli in atto.
E’ strano e bello passare da un piano analitico teorico ad un piano molto più spontaneo, di gesti che si ritrovano nel fare e nel prendersi cura di quello che è bene comune, perché è spazio comune, di tutt*, da curare e in cui mettere parte di sé.

Uno spazio che occupiamo con i nostri corpi, che si accolgono e si conoscono, che si abbracciano, si mescolano, che condividono nelle lotte anche una presenza fisica e che veicolano con quella presenza la loro politica: corpi che parlano, che si scambiano qualcosa anche nel semplice gesto di disegnarti in faccia una mascherina rossa.

Per me il fem blog camp è stato questo, un’esperienza politica intensa e molto fisica (che emozione vedere il viso di donne e uomini che per me erano un nick letto e amato), insieme alla voglia di condividere e di scoprire i propri saperi.
Una narrazione altra, dove è possibile accogliere tutt* e dove è politica anche preparare pane e cioccolata per le ed i compagn*, sbucciare le patate e rimestare la polenta, in cui mi sembra di aver fatto workshop supplementari mentre chiacchieravo al banchetto all’ingresso.

Torno a casa contaminata ed emozionata, carica anche del fatto che ho respirato aria di prospettiva e di futuro, qualcosa di nuovo e radicale.
Come se avessi assorbito in maniera indiretta una serie di pratiche e lotte che già conoscevo ma a cui il Fem Blog Camp ha dato anche la materialità e la forza di un corpo, la bellezza dei visi di donne e uomini che hanno partecipato: mi sento messa in discussione, anche nel mio modo di vivere e credo che questa sia stata e sia la cosa più forte per me.

Ho voglia di conoscere, di sperimentare e sperimentarmi, di rielaborare a partire da me tutti gli stimoli che ho ricevuto e che in parte già conoscevo, ma che mi sono arrivati a Torino con una forza inaspettata; davanti a chi quotidianamente sostiene la real politik del compromesso e del volare basso, sminuendo la forza di fare politica con le nostre pratiche e contenuti con l’obiezione che è utopico, mi viene da controbattere una volta di più che esiste già una realtà di fatto che va coltivata e che è una rete dove ci si sente accolt* e protett*, liber*, una rete di persone belle e vive, che mi hanno dato un’energia forte e che mi porto nel cuore (col rischio di essere smielata e ridondante mentre ne parlo, ma non mi vergogno. Il fem blog camp mi ha travolta, emotivamente).

E questa rete è il più grande spettacolo dopo il big bang.
Grazie a tutt* e all’anno prossimo!

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E’ tempo di… Feminist Blog Camp!

Domani e per tre giorni (28-29-30 Ottobre), a Torino, al CSOA Askatasuna, inizia il primo Feminist Blog Camp (al link del blog tutte le informazioni utili).

 

Molt* di noi, da Pisa, ci andranno e prendiamo un po’ di spazio sul nostro blog per parlare di questo appuntamento, importante ed avanguardistico, perché è la prima esperienza così grande e partecipata nella costruzione e nella (auto)gestione delle giornate che si realizza in ambito europeo. Un momento molto importante per la riflessione collettiva ed il confronto su varie tematiche su cui da anni lavorano differenti realtà nella costruzione di una cultura antisessista ed antiautoritaria.

Il Feminist Blog Camp è un evento che nasce dall’idea di blogger femministe e blogger disertori (del patriarcato) che costituiscono già una rete di attivismo antisessista nel web. E’ aperto a tutti e tutte, anche a chi non ha un blog. Il Feminist Blog Camp è immaginato, costruito, programmato in un confronto aperto e partecipativo attraverso l’uso di una mailing list di coordinamento delle e dei blogger. Coinvolge tante persone tutte egualmente meritevoli di aver assolto la funzione di aver determinato stimoli culturali contro la cultura sessista e autoritaria che costringe in più modi i corpi delle donne e quelli degli uomini che non vogliono assolvere ai ruoli imposti.

Una tre giorni di condivisione, seminari, workshop, proiezioni, dibattiti, musica, arte, spettacoli, reading, cultura, di info tecniche, confronti sul desiderio e la sessualità, precarietà, migranti e molto altro.

Il programma è molto vario e percorre diversi itinerari di scambio di saperi. La partecipazione dal basso, l’autoproduzione ed autogestione sono elementi portanti della costruzione di questa tre giorni.

Siamo molto felici ed emozionat* di raggiungere questo luogo di condivisione e  scambio e al ritorno faremo un report di come è andata.

Nel frattempo pubblichiamo un video di lancio e… ci vediamo a Torino!

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Un libro, una sindrome (presunta). Il caso della PAS

Pas: un libro, una sindrome (presunta)

da PisaNotizie

Un articolo sulla presentazione del libro di Sonia Vaccaro e Consuelo Barea “Pas: presunta sindrome di alienazione genitoriale” che si è tenuta a Pisa sabato scorso, in occasione del PisaBookFestival.

Buona lettura!

La presunta sindrome di alienazione genitoriale che ripropone vecchi stereotipi e pregiudizi sessisti ai danni delle donne e dei bambini.

In vari Paesi, a partire dagli Stati Uniti, quando in una causa di divorzio un genitore (in genere il padre) è accusato di abusi e violenze, i sostenitore della PAS (Parental Alienation Syndrome, sindrome da alienazione genitoriale) ricorrono a questa teoria per ribaltare le accuse.

L’argomento è stato affrontato al Pisa Book Festival con la presentazione del libro “PAS – Presunta Sindrome di Alienazione Genitoriale” di Sonia Vaccaro e Consuelo Barca, tradotto da Francesca D’Antonio, edizioni Ed.it, promossa dalla casa editrice e dal Centro Antiviolenza di Pisa.

All’incontro, presieduto da Paola Bora, Presidente della Casa della Donna, sono intervenute, oltre a Sonia Vaccaro e a Francesca D’Antonio, Giovanna Zitiello, responsabile del Centro Antiviolenza pisano, e Enza Panebianco, di Femminismo a Sud, che da anni segue le problematiche connesse alla PAS.

Si tratta in realtà di una sindrome che non ha riscontri scientifici – non a caso le autrici parlano di “presunta sindrome” – e che negli Stati Uniti è stata utilizzata fin dal 1985 nelle cause di divorzio in cui era in gioco l’affidamento dei figli: la PAS, infatti, negando la realtà dell’alta incidenza di violenza domestica maschile, riconduce le accuse e il disagio sofferto dal minore ad un vero e proprio lavaggio del cervello programmato dalla madre per screditare l’altro genitore e ottenere la custodia esclusiva.

Le madri sarebbero “visionarie e paranoiche” e questo si configurerebbe come una vera e propria patologia, mettendo a tacere nelle aule giudiziarie donne e bambini, e trasformando le vittime in carnefici.

Il libro ricostruisce la storia della nascita della PAS che fu inventata – è proprio il caso di dirlo – negli Stati Uniti nel 1985: fu Richard Gardner, un medico, perito di parte in una causa di divorzio, ad affermare che “il 90% delle accuse per maltrattamenti nelle cause di divorzio e nella custodia dei figli sono false, in particolar modo se sono sostenuti abuso fisico, emozionale e sessuale”. Nessun dato scientifico fu però portato da Gardner a sostegno della sua teoria, e tuttavia essa fu recepita dai tribunali statunitensi che cominciarono a servirsene per dirimere le controversie legate all’affidamento dei figli nelle cause di divorzio: dagli Stati Uniti si propagò poi in America latina e in Europa.

Sonia Vaccaro, Psicologa Clinica specializzata in vittimologia e violenza di genere, ha ricostruito nel libro dieci anni di storia della PAS, che ha imparato a conoscere in Argentina e poi ha ritrovato in Spagna.

La situazione italiana presenta aspetti preoccupanti: spesso le accuse rivolte alle donne in occasione di divorzi e affidamento dei figli non si discostano molto dallo spirito della PAS. E una proposta di legge, attualmente in Senato – la n. 957 – presentata da parlamentari del PdL, relatrice Maria Alessandra Gallone dello stesso partito, prevede il riconoscimento della PAS e il ricorso ad essa in caso di affido condiviso.

“Viene da chiedersi – dice Giovanna Zitiello – perché questa teoria che è del tutto infondata scientificamente e palesemente sessista abbia trovato tanto credito”.

La Presidente del Centro Antiviolenza ricorda che, dai dati ISTAT del 2007, emerge che sono ben 6 milioni e 700mila le donne che subiscono violenza fisica o sessuale, più del 30% della popolazione femminile.

La PAS in realtà si diffonde a partire dal pregiudizio che le donne siano bugiarde. Ed è proprio nella direzione opposta che operano i centri antiviolenza, luoghi nei quali invece la parola della donna ha valore e viene creduta in pieno: ciò permette di costruire un percorso in cui la donna maltrattata possa riacquistare dignità e diventare padrona della propria vita.

Da anni il Centro Antiviolenza di Pisa promuove corsi di formazione per medici, psicologi, forze dell’ordine, operatori dei servizi sociali, per insegnare a riconoscere e superare i pregiudizi e gli stereotipi di cui ancora le donne sono vittime e che incidono pesantemente sulla loro vita.

Francesca D’Antonio mette in luce come nella situazione italiana esista esclusivamente una letteratura favorevole alla PAS: è proprio questo che l’ha spinta a tradurre il libro, per contrastare una tendenza pericolosa presente anche nel nostro paese. È utile che se ne parli e si promuovano campagne contro la proposta di legge che verrà discussa in Parlamento.

“La donna, la madre, la sposa, la ex-moglie…- si legge fra l’altro nel libro – Potremmo dire che Pandora apre il vaso e denuncia il marito come maltrattante e abusante dei figli. Questo fatto colpisce tutti, fa vacillare la struttura della famiglia, è un attacco all’ordine patriarcale che sostiene il mondo. Da questo gesto si originano tutti i mali come, ad esempio, litigi interminabili. E, curiosamente, il momento in cui Pandora si azzarda a sfidare tutto e tutti è quando corre verso gli uomini per dire loro: “ci rimane la speranza!” Troveremo la speranza solo se sapremo aprire il vaso di Pandora. Potremo creare un nuovo sistema egualitario, un’epoca maggiormente democratica, un mondo che rispetti i diritti umani, solo se sapremo mostrare pubblicamente la violenza che si esercita sulle donne e sui bambini e se smaschereremo l’invisibilità di chi esercita la violenza nell’impunità”.

Il libro si può trovare in libreria o sul sito della casa editrice

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OLTRE IL TESTOSTERONE: IL CORPO, LA CRISI, IL 15 OTTOBRE

un articolo di Anna Simone, da zeroviolenzadonne.it sul 15 ottobre
Buona lettura!
Tra le innumerevoli parole che sono state spese e ancora si spendono sul 15 ottobre ce n’è una fondativa, almeno secondo me. E’ l’incipit di uno scritto pubblicato sul blog di “figlie femmine”. Alcune donne, con estrema lucidità, scrivono: “Il desiderio di esprimerci sull’esperienza del 15 ottobre parte da una serie di sommovimenti interni ai nostri corpi, più che da un’esigenza di far parte della tempesta di “comunicati”. Un comunicato è un participio passato, noi speriamo di metterci in comunicazione”. Desiderio, corpo, comunicazione. Tre parole che dicono di un “fare” politica a partire dalle nostre esperienze reali, dalle nostre vite, dal nostro bisogno di relazione.
Qualche settimana prima del 15, con alcune amiche e compagne, ci eravamo incontrate al bar del Teatro Valle per provare a costruire una grammatica del corpo nella crisi. Al di là delle innumerevoli analisi politiche ed economiche, ci rendevamo e ci rendiamo conto che il tassello mancante era ed è proprio il corpo, ovvero il nesso tra il sé, la propria esperienza materiale -in questa disperata congiuntura politico-economica- e il desiderio di pensare una trasformazione, un rovesciamento, un cambiamento.

Ma cosa vuol dire partire da sé? Intanto nominare un rovescio della crisi che agisce direttamente sulla vita del corpo per rimettere al centro quest’ultimo. Paura, ansia, depressione, suicidi, aumento della vendita di psico-farmaci sono tutti indici chiari ed inequivocabili di quanto avviene nelle esperienze di molte e molti nell’epoca del no-future per più di una generazione. L’unica possibilità di uscirne è attivare una relazione positiva, costruttiva, mettendo in circolo le proprie esperienze per ovviare alla solitudine, diversamente il corpo mette in scena la rabbia, agisce l’odio persino nelle stesse fazioni, lavora alla scomposizione, alla frattura, al nichilismo distruttivo. Il corpo messo al lavoro è inequivocabilmente un corpo sfruttato.

Il famoso processo di femminilizzazione dei processi produttivi non parla solo di qualche punto percentuale in più, di un gender-gap che si restringe, ma parla anche e soprattutto di un’idea di capitalismo e di una forma di organizzazione del management che utilizzano e strumentalizzano le “attitudini” del femminile (cura, relazionalità, sensualità etc.) per produrre valore, per ammorbidire il capitale. Da questo si esce solo attraverso l’autovalorizzazione di sé e del proprio sapere provando ad affermare qualcosa d’altro. Il corpo è presente anche nelle modalità di messa a punto del Welfare contemporaneo.

Le cosiddette politiche di conciliazione vita-lavoro del piano Sacconi-Carfagna legittimano, di fatto, l’idea secondo cui una donna debba svolgere tre lavori contemporaneamente senza poter scegliere. Ragion per cui la rivendicazione di un diritto al reddito, da una prospettiva femminista, assume a pieno titolo l’assunzione di un progetto politico fondamentale e trasversale a tutti e tutte: all’origine c’è la libertà di scelta. Solo se possiamo scegliere siamo davvero liberi e libere.

Che ne è stato di questo nesso corpo-crisi e di questa libertà il 15 ottobre? Quel giorno c’erano anche le femministe, c’era lo spezzone felice e spiritoso “puta-lesbo-queer” con Pia Covre, Porpora Marcasciano, pezzi di Atlantide, le amiche No-Vat, c’erano le “Eva contro Iva. O la borsa o la vita”, c’erano donne sparse ovunque, le Info-sex di Esc, Lucha y Siesta che svolge un prezioso lavoro con le donne immigrate a Roma, le “diversamente occupate etc.”. Il desiderio, il corpo e la comunicazione c’erano. E poi? Poi niente. Gli unici corpi che hanno preso la scena prepotentemente sono stati, al solito, i corpi “eroici”, il torso nudo e il volto coperto, il petardo, il fuoco, il lacrimogeno e poi, ancora una volta, il nulla e la fatica del dover rivedere tutto, ritessere tutto.

Il corpo nella crisi è anche questo, non v’è dubbio, la disperazione porta con sé questo modo del vivere la piazza e non ha senso puntare il dito contro, agire la delazione, rispolverare le leggi fasciste, tuttavia lo scarto tra un corpo che si manifesta attraverso l’epica negativa e distruttiva e una moltitudine di corpi che provano a “dire” qualcosa con una radicalità diversa è talmente reale da superare, appunto, anche lo stesso linguaggio epico dei “comunicati”.

Comunicare significa praticare e significare la relazione come forma della politica, lo stesso conflitto è una forma di relazione, se si lavora alla scissione tra il sé e la piazza, parlando a nome di altri o giocando a chi è più radicale, si azzittisce quello stesso corpo che parla, nel bene e nel male.

E allora andiamo oltre, riprendiamoci il corpo e la parola nella crisi rimettendo al centro l’esperienza, il desiderio di cambiare le cose, il bisogno di dire la verità sul potere, compreso quello che suo malgrado continua a produrre epiche discorsive ed epiche dell’azione. Non è un problema di violenza e di non violenza, è un problema di desideri che devono trovare uno sbocco oltre la rabbia, cioè oltre il nulla. E’ un problema di relazioni e non di testosterone.

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Pisa- “Pas: presunta sindrome di alienazione genitoriale. Uno strumento che perpetua il maltrattamento e la violenza”

SABATO 22 OTTOBRE, alle ore 19, nella Sala Blu del Palazzo dei Congressi, il Pisa Book Festival ospiterà la presentazione del libro:

 

“Pas: presunta sindrome di alienazione genitoriale. Uno strumento che perpetua il maltrattamento e la violenza”

di Consuelo Barea e Sonia Vaccaro.

La Presunta Sindrome di Alienazione Genitoriale (PAS), così la definisce la American Psychological Association, è un costrutto pseudo-scientifico che nelle cause di divorzio conflittuali con in gioco l’affidamento dei figli viene sempre più utilizzato per screditare le accuse di donne e minori, trasformandoli da vittime in carnefici.

Oggi la PAS rischia di essere accolta anche in Italia. Il libro, avvalendosi di un’ampia documentazione scientifica e giuridica, svela la realtà di questa infondata sindrome, denunciando la violazione dei diritti umani che comporta la sua applicazione e restituendo alle madri ed ai minori la credibilità delle proprie legittime accuse.

L’iniziativa è promossa dalla Casa editrice Edit.press e dal Centro Antiviolenza della Associazione Casa della Donna di Pisa con la partecipazione del Comitato 13 febbraio – Pisa, Aied-Pisa, Collettivo LeGrif e Arcilesbica Pisa.

Durante la presentazione interverranno:

Giovanna Zitiello – Centro Antiviolenza, Associazione Casa della Donna
di Pisa
Sonia Vaccaro – psicoterapeuta e coautrice del libro, collabora con il
Ministerio de Igualdad di Spagna
Barbara Spinelli – giuristi democratici
Francesca D’Antonio – traduttrice e curatrice dell’edizione italiana

Per maggiori informazioni:

http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/09/13/un-libro-sulla-sap-o-pas-la-presunta-sindrome-di-alienazione-parentale/

www.soniavaccaro.com

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Massa- Presentazione del libro “PAS: presunta Sindrome di Alienazione Genitoriale”

VENERDÌ 21 OTTOBRE 2011 ORE 17.00 Presentazione del libro

 

“Pas: presunta Sindrome di Alienazione Genitoriale”

di Sonia Vaccaro e Consuleo Barea presso la Biblioteca Civica di Massa-Sala della Linea Gotica (Piazza Mercurio, Massa-MS)

 

L‘Associazione A.R.PA. (Associazione Raggiungimento Parità) ed il Comitato Se non ora quando della città di Massa, in collaborazione con il Comitato Donne del 13 Febbraio- Se non ora quando di Pisa e Femminismo a Sud invita tutte e tutti a partecipare alla presentazione di questo interessante libro che affronta un argomento di importanza enorme, una bugia colossale che vuole cambiare i connotati dell’affido dei figli in caso di divorzio! Ecco la traduzione della presentazione del libro:
” La “pretesa sindrome di alienazione parentale”, così come l’ha denominata l’Associazione di Psicologia Americana (APA), “PAS” per la sua sigla, e l’ideologia che la sostiene, è un costrutto pseudo-scientifico che è stato utilizzato, sin dalla sua creazione negli USA nel 1985, in ambito gudiziario e nelle cause di divorzio nelle quali si disputa l’affidamento dei figli, generando situazioni di alto rischio per i bambini e provocando una involuzione nei diritti umani delle bambine e bambini e delle madri che vogliono proteggerli.

L’effetto intimidatorio che produce la sua sola menzione nella giustizia, fa sì che alcuni professionisti, spinti solo dalla voglia di guadagno, la utilizzino abitualmente nei casi conflittuali di divorzio. Questo attributo della “PAS” la converte in uno strumento “ad hoc” che oltretutto nasconde l’incesto e la violenza di genero preesistenti. La comparsa del “PAS” in qualsiasi conflitto gudiziario riduce tutto all’alienazione paterna e trasforma automaticamente le vittime in carnefici.

In questo libro le autrici presentano, attraverso una esaustiva indagine, l’autentica realtà di questa infondata sindrome, carente di ogni base scientifica, rifiutata attualmente negli USA. Desiderano con esso formare ed informare i professionisti del diritto, la salute mentale e i servizi sociali che vogliano portare a termine una buona prassi nel campo del divorzio e dell’affidamento e apportare argomenti, di conoscenza e razionalità, che permettano di restituire alle vittime la credibilità delle proprie legittime lamentele sul genitore abusante e negligente.

L’obiettivo finale di questo libro è proteggere le bambine e bambini, vittime innocenti dell’applicazione di questa supposta sindrome, della “terapia della minaccia”, coazione che propongono coloro che la applicano come unico “trattamento” valido.”

ore 17.00
Introduce Enza Panebianco di Femminismo a Sud

ore 17.30 Presenta il libro l’autrice Sonia Vaccaro psicologa e clinica specializzata in violenza di genere.
Lavora da più di venti anni sui temi relazionati alla violenza basata sul genere: nella prevenzione, assistenza alle vittime, formazione di professionisti e supervisione di casi clinici. In Argentina è stata membro del Gruppo di Indagine Interdisciplinare sulla violenza domestica della direzione nazionale di politica criminale. Attualmente vive e lavora in Spagna per la Commissione di Indagine sui maltrattamenti alle donne.

ore 18.10 Domande dal pubblico

ore 18.30 Conclude Frida Alberti dell’ Associazione A.R.PA.

Sarà presente anche Francesca D’Antonio, traduttrice e curatrice dell’edizione italiana.

Per saperne di più:
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2010/09/13/un-libro-sulla-sap-o-pas-la-presunta-sindrome-di-alienazione-parentale/

www.soniavaccaro.com

www.arparita.blogspot.com

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